Riflessioni dal fronte dell’evento: alla ricerca dell’umanità nel marketing

Riflessioni dal fronte dell'evento: alla ricerca dell'umanità nel marketing

Sono finalmente tornato, dopo due intensi giorni immerso nell’atmosfera febbrile di un evento B2B. Il “Global Summit Marketing & Digital” dove domanda e offerta si intrecciano in un balletto incessante di proposte, negoziazioni e connessioni. Eppure, nonostante l’abbondanza di opportunità di business che si respirava nell’aria, c’è qualcosa che mi ha lasciato perplesso, se non addirittura inquieto.

È stato difficile ignorare il costante martellamento sull’intelligenza artificiale e sull’automazione del marketing. Sembrava che in ogni angolo, in ogni conversazione, queste tematiche dominassero incontrastate. Eppure, mentre molti accettano acriticamente questa narrazione, io non posso fare a meno di sentire una sorta di disagio crescente.

Certo, non voglio sminuire l’importanza di strumenti come l’AI e la marketing automation nella comunicazione moderna, sono senza dubbio dei pilastri su cui costruire strategie solide e efficienti. Tuttavia, il problema nasce quando diventano l’alfa e l’omega, quando sembrano sostituire l’umanità stessa nel processo comunicativo.

La comunicazione non dovrebbe essere unidirezionale, sterile, mediata da algoritmi. Deve essere un dialogo autentico tra persone e dedicato a persone. Ecco perché l’ossessione per l’automazione mi spaventa. L’emozione, la creatività, l’empatia sono elementi imprescindibili che nessun algoritmo potrà mai replicare.

In un panorama dove tutto sembra ruotare attorno alla logica degli algoritmi e delle analisi dei dati, rischiamo di perdere di vista i veri valori del marketing: l’autenticità, la rilevanza, l’umanità. I siti web perdono visibilità a un ritmo vertiginoso, il SEO da solo non basta più e i budget pubblicitari online si gonfiano fino a diventare proibitivi.

È ora di tornare alle radici, di riscoprire il vero significato del brand e di costruire relazioni sincere con i nostri consumatori, o come piace definirli, le nostre “buyer personas”. Dobbiamo ritornare a pensare in modo strategico, a costruire ponti di fiducia anziché barriere di dati.

Quindi sì, utilizziamo gli strumenti moderni, ma ricordiamoci sempre di mettere al centro delle nostre strategie l’umanità. Solo così potremo realmente distinguerci in un panorama sempre più omogeneo e impersonale. E ricordiamoci che, alla fine, sono le persone che fanno la differenza, non gli algoritmi.

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